Le parole e il silenzio
Di ritorno da una breve gita a Eurodisney (Parigi), luogo fantastico in cui grandi e piccoli ritrovano tutti i personaggi, i fumetti, le fiabe, i film d’animazione, le musiche, i giochi nati dalla fantasia e dalla creatività di Walt Disney e dei suoi successori, le mie nipoti mi raccontano di un sistema di accesso ai giochi che non credo lo stesso Disney, per quanto fosse un conservatore uomo d’affari, avrebbe saputo concepire.
Dopo aver pagato il biglietto di ingresso alla struttura, si constata che davanti a tutti i giochi è posto un contatore che indica i minuti di attesa per l’accesso. Il tempo indicato per i più interessanti arriva anche a 60 e addirittura a 120 minuti, e questo già non depone bene per l’organizzazione. Ma, attenzione, se non vuoi aspettare il sistema c’è: basta pagare un biglietto suppletivo e hai il diritto di saltare la fila. In certi casi sei quasi forzato a pagare un sostanzioso extra e per di più è chiaro che tante più persone optano per il salta-fila tanto più aumenterà l’attesa per quelli che non hanno pagato questo supplemento e che avrebbero comunque diritto di accesso.
Ecco che di colpo il luogo incantato, il regno della fantasia e del divertimento, diventa ai miei occhi una vilissima macchina da soldi. Si tratta di un sistema sfacciatamente antidemocratico, diseducativo e, fatte le debite differenze, mi fa venire in mente sistemi simili adottati nei tempi andati in un certo ambito religioso.
E, bambini, cominciate a imparare come funziona il mondo.
Voi forse direte che “casco dal pero” o che sto esagerando, che sono situazioni marginali. Certo avvengono cose molto più gravi e dolorose su questa terra, ma il caso è emblematico del livello morale dei potentati economici, di macchine che non si fermano neanche in ambienti dedicati ai bambini.
Non riesco a trovare una parola per definire questo.
Così, e ancor di più, non riesco più a trovare una parola per definire le situazioni dei migranti, dei profughi, dei morti per fame o nelle guerre, di coloro che non hanno diritti, dello sfruttamento delle risorse degli africani, dello sfruttamento della terra, delle malattie e della morte infantile.
La realtà è talmente complessa che si stenta a comprenderla e ci lascia senza parole.
Eppure sono consapevole di quanto le parole siano importanti, e lo sono molto al di là del trattamento che posso averne fatto io finora in questo spazio. Ma la pretesa di esaminare parole, di parlarne da parte mia è stata motivata dalla convinzione che comunque, anche se in modo a volte inesatto, fuori luogo e spesso molto personale, parlare di parole, del loro significato, delle loro implicazioni, può essere stimolante e utile per capire la realtà.
Non alludo solo alla Parola, quella che era lì in principio, come ci dice Giovanni agli inizi del suo Vangelo, quella da cui tutto è nato, la Parola che al tempo stesso è creato e crea la relazione tra Dio e l’uomo, il creato, l’umanità, la conoscenza, la bellezza. Non mi riferisco neanche necessariamente a parole di alto profilo quali Fede, Amore, Fratellanza, ma a tutte le parole, anche le più semplici, le più usate. Prendiamo ad esempio una parola come Buongiorno, che abitualmente mangiucchiamo riducendola a ‘giorno se non addirittura a ‘rno, in ogni caso facendo saltare la parte più bella: quel Buon, che è augurio, speranza, comunicazione.
Avete notato che differenza produce in chi riceve questo saluto che sia fatto in un modo piuttosto che nell’altro?
Però, come dicevo, di fronte alla realtà che certe situazioni ci buttano in faccia, a volte le parole mancano e non riusciamo a trovarle perché non siamo in grado di individuare le adeguate spiegazioni.
In una breve e un po’ scherzosa premessa a questa serie di scritti collocati in questo spazio, motivandone così il titolo, dicevo che “Tra una parola e l’altra, nello scrivere, c’è posto per un punto, una virgola, un punto esclamativo, uno interrogativo … ma anche per una pausa, un pensiero, un’idea”.
C’è un interessante personaggio in un romanzo di Italo Calvino, il Signor Palomar, uomo alla ostinata quanto faticosa ricerca di strumenti per comunicare, che soffre la difficoltà di capire il mondo che lo circonda, che tenta di fare ordine, di dare senso a cose, persone, eventi, di percepire del tutto la molteplicità della realtà, che sente il bisogno di isolarsi per ragionare. Di lui ci dice l’autore: «In un'epoca e in un paese in cui tutti si fanno in quattro per proclamare opinioni o giudizi, il signor Palomar ha preso l'abitudine di mordersi la lingua tre volte prima di fare qualsiasi affermazione. Se al terzo morso di lingua è ancora convinto della cosa che stava per dire, la dice; se no sta zitto. Di fatto, passa settimane e mesi interi in silenzio.»
Anche il silenzio può servire a capire.