INLUIARSI
Giorni fa mi sono imbattuto in un termine assolutamente inusuale, il cui ricordo capita proprio a fagiolo con le celebrazioni dantesche di quest’anno.
Il termine in questione è il verbo inluiarsi. Neologismo appunto coniato da Dante, che userà anche intuarsi, inmiarsi, inleiarsi.
Certo, a chi lo incontra per la prima volta il termine può sembrare ostico già alla lettura e il suono non gradevole all’ascolto e personalmente non ricordo nessuno che l’abbia mai usato se non il suo stesso creatore, cioè proprio Dante nel Paradiso.
Eppure il verbo, com’è spesso capitato al poeta, e questo di là dal contesto nel quale viene da lui usato cioè come vedremo riferito a Dio, è di per sé straordinariamente espressivo: inluiarsi, così come inleiarsi o intuarsi ecc., esprime con sintesi densa di contenuto il compenetrarsi in lui (nello specifico uso di Dante sarà in Lui), in lei, in te ecc..
Anche all’ascolto, superata la perplessità dovuta al primo uso, il verbo dà l’idea di una compenetrazione intima, spirituale, fino a essere un tutt’uno, che poi è proprio il senso in cui viene usato da Dante quando incontra il beato Folchetto di Marsiglia.
Folchetto si trova in Paradiso, al canto IX, nel Cielo di Venere e racconta di avere in giovane età amato ardentemente; ma, dice, in Paradiso non ci si pente del totale influsso dell’amore, anzi se ne sorride, proprio per la virtù divina che lo ispira e si contempla la creazione che l’amore di Dio abbellisce.
Dante osservandolo nota che in Paradiso i beati acquistano grande fulgore allorquando gioiscono, come sulla terra allorquando si sorride, e quindi, rivolto allo spirito, dice “Dio vede tutto e tuo veder s’inluia … sì che nulla voglia di sé a te puot’esser fuia” cioè “Dio vede tutto e la tua vista si compenetra in lui … così che nessun desiderio può sottrarsi a te (tu vedi bene cosa io desideri) ”. Dante esprime efficacemente l’idea che il beato è talmente compenetrato in Dio da saper vedere con i suoi occhi, da saper leggere nella mente divina.
Ciò detto riguardo a questo verbo e al suo significato, io penso che per noi essere umani sarebbe già un gran risultato saperci inluiare e inleiare l’uno con l’altro o con l’altra e viceversa, saperci compenetrare nelle necessità, nella vita, nelle condizioni del nostro prossimo.
Ma noi, che non siamo Folchetto di Marsiglia, potremmo anche fare una ulteriore riflessione riguardo alla possibilità dell’essere umano di inluiarsi rispetto a Dio e alla Sua volontà, cioè di saper leggere nella mente di Dio, di interpretare la Sua volontà. Si tratta di una lecita aspirazione o di una pretenziosa e irrealizzabile ambizione?
E’ un tema complesso che lascio volentieri a chi ne ha più competenza.
La Chiesa/le Chiese formulano teologia/e, proprie interpretazioni del pensiero e della volontà divina, e ciascuno di noi in fondo forse se ne fa una propria personale idea.
Ma si tratta di un esercizio la cui direzione sarebbe bene fosse sempre guidata dallo Spirito, poiché in un senso o nell’altro, in buona fede o, come storicamente accaduto, in maniera strumentale, esso può prestarsi a conseguenze pericolose.
Utilizzando il nome di Dio e la Sua presunta volontà sono state compiute nella storia le più tragiche nefandezze: per citarne solo alcune si va dal Dio impietoso e crudele interpretato dalla Santa Inquisizione al Dio che ama la guerra del Deus nobiscum utilizzato in battaglia dagli antichi romani, poi divenuto Deus lo volt (Dio lo vuole!) all’epoca delle crociate, e poi ancora divenuto il motto Gott mit uns nella simbologia bellica tedesca, compresa quella nazista. E sulla stessa scia della giustificazione e mascheratura divina di azioni sanguinarie sono compiuti anche molti atti terroristici contemporanei.