Arte
(1° parte)
“Impara l’Arte e mettila da parte”.
Il vecchio adagio è certo fonte di alcuni insegnamenti: imparare è importante e sempre utile a cominciare dal grembo materno in poi; il mettila da parte secondo me non va inteso come una esortazione a serbare per sé ciò che si è imparato, bensì a tenere con cura, a valorizzare ciò che si apprende, farlo diventare strumento di crescita personale e collettiva.
Quanto al termine Arte, però, credo sia necessario chiarirne il senso. Io lo interpreterei in questo caso nel senso di tecnica, di metodo.
L’Arte, come la intendiamo noi oggi (magari si potesse, ma …) purtroppo non si può imparare, si potrà imparare la tecnica della pittura o della composizione musicale, ma l’Arte, con il suo contenuto di genialità, di estro, d’inventiva, d’ispirazione, ahimè no. A me piacerebbe che fosse così, potrei imparare a creare una melodia nuova, un’opera teatrale, a esprimere un talento pittorico …
E invece sono “costretto” a stare dalla parte di chi dell’Arte può solo fruire, di chi la può solo ammirare o al massimo imitare (in fondo gli amanti dell’arte siamo dei poveri sfigati, ma non lo diciamo in giro).
Da più di un anno il mondo dell’Arte è in sofferenza a causa della pandemia. Mi correggo: non il mondo ma proprio l’Arte, perché non si tratta di un mondo a sé: l’Arte è dialogo, è comunicazione e riguarda tutti noi. Teatri, sale concerto, musei, mostre, incontri letterari, tutto chiuso.
Eppure, nonostante io l’ami tanto, confesso che questo amore per l’Arte mi ha sempre generato qualche dubbio di tipo morale e anche religioso, tanto che, proprio in questo momento in cui non si può goderne, mi capita di immaginare come sarebbe il mondo se non esistesse l’Arte: proprio un mondo senza quadri, senza sculture, opere teatrali, cinematografiche, danza, musica, romanzi, senza poesia. E ancora come sarebbe l’uomo se non ci fosse l’Arte neppure come tensione, come pulsione dell’essere umano a crearla. (A proposito di quest’ultimo termine ovviamente si può parlare di creazione solo nel senso di trasformazione).
E poi mi chiedo: piacerebbe a Dio un mondo così? Gli piacerebbe un essere umano così? Forse si, probabilmente la vita dell’uomo sarebbe un po’ più triste, mancherebbe quello stimolo ad elevarsi, ma in fondo forse tutto sarebbe più semplice.
Però no, pensandoci sono sicuro che non gli piacerebbe, e la dimostrazione è che ci ha creati proprio con questi talenti, con questo particolare estro e con la capacità di apprezzarne la bellezza e la spiritualità.
Dunque, da dove mi viene l’idea di immaginare un mondo fatto così? Forse dai ma … e dai perché … che seguono lo si capirà, sempre che non si tratti di dubbi solo miei, o da me ingranditi.
Se è vero com’è vero che Dio ha creato donne e uomini con il talento di produrre opere d’Arte, perché mai a distanza di diverse migliaia di anni dalla creazione dell’essere umano, dopo che esso aveva già prodotto raffigurazioni artistiche, musica, poesia, sculture, monumenti ecc., quando Egli si fece uomo e scese sulla terra, in base a ciò che risulta e che conosco (mi si perdoni la sintesi semplificante), agli uomini non parlò mai di lettura, di studio, di musica, di cultura, anzi disse che ci si doveva disinteressare delle cose materiali (quali sarebbero anche molte opere d’arte, letterarie ecc.), che tutto è provvisorio, tutto va vissuto in preparazione dell’arrivo del Regno dei Cieli?
Gesù naturalmente non parla di quelle produzioni umane perché non hanno importanza per lui, non gli interessano le cose materiali, Lui non appartiene alla logica di questo mondo, la sua etica è rivolta verso il Regno dei Cieli.
Ma da qui nasce il primo dubbio per noi che vogliamo seguire la sua Parola: dovremmo evitare di nutrire passione per le opere materiali, sebbene artistiche?
Esprimo un mio pensiero ipotizzando che Gesù non parlò di quegli aspetti dell’attività umana non perché li disprezzasse, bensì perché riguardo all’uomo era molto più interessato a quello che sei rispetto a quello che sai.
Beninteso pensando questo non intendo fare un elogio dell’ignoranza: so bene che il mondo è di chi sa, in tutti i settori, economico, politico e anche spirituale. L’asserzione di don Lorenzo Milani “un operaio conosce 100 parole, il padrone 1000, per questo lui è il padrone”, anche se appare datata nella nostra realtà, è drammaticamente attuale nei rapporti tra ricchi e poveri della terra. La cultura, l’arte possono offrire alle donne e agli uomini occasioni di riscatto, di liberazione.
Nonostante questo sono certo che agli occhi di Gesù l’ignoranza passi in secondo piano rispetto per esempio alla indisponibilità ad amare, che non valuti la nostra esteriore capacità di sapere o di sapere fare, ma sappia leggere il nostro essere interiore.
Voglio pensare che il Padre e il Figlio ci amino per come siamo, per il nostro spirito, i nostri sentimenti, le intenzioni, la purezza del nostro cuore, le nostre certezze giuste o sbagliate, anche per le nostre ignoranze e i nostri dubbi.
Mi fermo a questo punto perché mi accorgo adesso che rischio di uscire dal tema che mi ero proposto e che mi sono anche dilungato troppo.
C’è un altro aspetto dell’Arte, per me altrettanto importante, che mi suscita riflessioni, ma ho già abusato abbastanza dell’attenzione di chi ha letto fin qui e ne rinvio la trattazione alla prossima occasione.